I NUOVI BILANCI “TELEOLOGICI” E IL BILANCIO DI GENERE

di Luciana Troccoli, funzionario della Corte dei conti

 

I BILANCI “TELEOLOGICI”

L’esigenza di far emergere gli aspetti sociali di una gestione è sempre più pressante, nel settore privato, come in quello pubblico e ciò ha portato alla nascita di nuovi tipi di bilanci che possono essere definiti “teleologici” perché finalizzati ad evidenziare alcuni aspetti di una gestione.

Questi bilanci sono uno degli strumenti con cui si è cercato di realizzare un nuovo modo di intendere l’amministrazione che, dagli anni 90 in poi, ha visto il cittadino non più solo come amministrato, ma come soggetto portatore di diritti e bisogni e quindi le sue necessità devono essere al centro degli interessi delle istituzioni.

Conseguentemente, accanto agli strumenti di programmazione e rendicontazione tradizionali si diffondono questi nuovi tipi di bilancio.

 

Il bilancio, considerato solo sotto l’aspetto finanziario, ha fondamentalmente una funzione programmatoria ed è il principale strumento per delineare il modello di sviluppo economico, per stabilire i criteri di ridistribuzione del reddito e indicare le priorità politiche.

Il bilancio, considerato sotto l’aspetto teleologico, permette all’amministrazione di realizzare un’altra funzione fondamentale che è quella di promuovere il benessere sociale, spostando l’attenzione dal valore di mercato del bene al valore della qualità della vita.

 

Col bilancio, le politiche economiche possono essere monitorate al fine di realizzare l’uguaglianza, l’equità, l’efficienza e l’economicità nella gestione delle risorse mediante la promozione dello sviluppo e lo sfruttamento delle potenzialità di tutte le componenti della società e, per poter realizzare in maniera più efficace tali obiettivi, è indispensabile che il bilancio finanziario dell’ente sia affiancato ed integrato con ulteriori informazioni di carattere settoriale collegati agli obiettivi che si vogliono realizzare.

 

Tale esigenza ora è ancora più necessaria sia a livello comunitario, sia a livello nazionale, in vista del federalismo, delle politiche equitative da impostare, delle differenze fra nord e sud del paese e dei diversi livelli di assistenza pubblica.

Il nuovo testo dell’art. 119 della Costituzione infatti, come risultante dopo la riforma del titolo V, riconosce l’autonomia finanziaria a tutti gli enti territoriali però, al 3° e 5°comma, istituisce un fondo perequativo a favore delle zone più svantaggiate e prevede la possibilità di destinare risorse aggiuntive ed effettuare interventi speciali a favore di determinati enti locali.

 

Nell’economia tradizionale già da tempo si è sentita la necessità di realizzare il passaggio da una logica giuridica contabile del bilancio ad una economica fondata sulla programmazione degli obiettivi, sulla verifica dei risultati conseguiti e sulla analisi degli eventuali scostamenti e delle azioni correttive da intraprendere e, a tal fine, è stata utilizzata la contabilità economica.

Questa è stata introdotta nel nostro ordinamento (dapprima, per gli enti locali, con d.lgs.77 del 1975 - ripreso dal T.U.E.L. n°267 del 2000 – poi, per le pubbliche amministrazioni, con la legge n° 94 del 1997 e con il d.lgs. 279 del 1977) a seguito dell’affermazione del principio della separazione fra i compiti di direzione politica, affidati agli organi di governo, da quelli di gestione, affidati ai dirigenti.

 

Gli strumenti necessari per poter realizzare le finalità di carattere sociale che ogni ente pubblico deve avere come obiettivo fondamentale, pena la inutilità della sua azione, sono invece i nuovi bilanci “teleologici”.

Si parla infatti sempre più spesso di bilancio partecipato, ambientale, di mandato, sociale e di genere.[1]

Questi hanno una stessa premessa: tutti hanno come presupposto la consapevolezza che il denaro pubblico è destinato al benessere collettivo e dunque, per poterli realizzare, è necessario studiare gli elementi indicatori della qualità della vita.

Essi rappresentano uno strumento di riavvicinamento fra la società civile e le istituzioni perché sono diretti a rinsaldare i legami di fiducia e di confronto e si configurano come mezzi per leggere in modo diverso i documenti di bilancio verificando la corrispondenza fra i servizi erogati e la domanda degli utenti.

Non devono essere visti come un appesantimento del processo decisionale, perché realizzano trasparenza, qualità ed efficacia della azione amministrativa.

Essi inoltre non comportano necessariamente un aumento delle entrate e uscite, infatti, in molti casi, a parità di risorse finanziarie disponibili, una variazione nel finanziamento delle attività può determinare una spesa più efficiente.

 

Per poter realizzare questi bilanci è necessario analizzare le esigenze degli stakeholders, cioè dei portatori di interessi che a vario titolo sono i destinatari diretti o indiretti dell’attività istituzionale dell’ente e quindi prendere in considerazione, nel processo decisionale economico-politico, le istanze del maggior numero possibile dei soggetti componenti la società quali: gruppi etnici, religiosi, parrocchie, associazioni, anziani...

 

È infatti fondamentale la partecipazione degli amministrati i quali, mediante interlocutori privilegiati che possono essere rappresentati appunto da associazioni di categoria, enti no profit, sindacati... contribuiscono ad individuare gli obiettivi necessari per giungere ad una definizione degli ambiti di intervento più conforme alle reali e concrete necessità dei cittadini, realizzando in tal modo una gestione più trasparente, economica, efficiente ed efficace delle risorse.

 

I principali bilanci teleologici sono:

I bilanci partecipati, che da più di 10 anni sono stati riconosciuti dall’ONU come una delle pratiche “eccellenti” mondiali di gestione urbana, nel nostro paese si sono cominciati a diffondere dopo il Forum Sociale Mondiale del 2001. Sono uno strumento di democrazia diretta e di partecipazione popolare finalizzato ad avvicinare cittadini ed istituzioni, infatti forniscono agli amministrati un ruolo attivo e propositivo nella gestione della città. Costituiscono un fondamentale momento di informazione e consultazione della cittadinanza su scelte strategiche e si realizzano riservando una quota del bilancio alla attuazione delle scelte operate direttamente dai cittadini.

Il bilancio ambientale, attualmente utilizzato soprattutto dalle aziende private, illustra l’impatto delle scelte di programmazione e gestione sull’ambiente ed è finalizzato a garantire uno sviluppo sostenibile affinché vi sia il minor danno all’ambiente e alle risorse naturali.

Il bilancio di mandato che è un documento di rendicontazione previsto dal T.U.E.L. - d.lgs 18 agosto 2000 n°267- art. 46, comma 3. In base a questa norma “il sindaco e il presidente della provincia, sentita la giunta, presentano al consiglio le linee programmatiche relative alle azioni e ai progetti da realizzare nel corso del mandato”. Scopo di questo bilancio è quello di render conto agli elettori sulla attuazione dei programmi e progetti dell’amministrazione nel periodo di mandato elettorale nonché di illustrare i risultati raggiunti sia sul piano sociale che su quello economico.

Il bilancio sociale[2] invece illustra gli impegni assunti e le attività svolte in relazione ad obiettivi di carattere sociale. È finalizzato a raggiungere il consenso degli elettori e a responsabilizzare gli amministratori. È sorretto, come d’altronde anche gli altri tipi di bilancio, dalla esigenza di incrementare la fiducia fra cittadini e istituzioni e risponde inoltre alla esigenza di informare il cittadino.

 

Il bilancio di genere.

 

IL BILANCIO DI GENERE

Il bilancio di genere, è una pratica di rendicontazione sociale con la quale è possibile integrare una prospettiva di genere nella lettura di documenti di programmazione economica, e tende a realizzare in maniera specifica le pari opportunità in attuazione dell’art. 51 della costituzione ... “la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità fra donne e uomini”.

Esso può anche essere utilizzato come strumento per realizzare uno spostamento dalle politiche di pari opportunità a quelle di sviluppo.

 

Questo bilancio inoltre, in particolare, è diretto ad attuare gli impegni assunti dai governi a seguito della quarta Conferenza mondiale sulle donne tenutasi a Pechino nel 1995. In tale sede infatti è stata valorizzata la differenza di genere ed utilizzata come leva per una critica alle forme attuali dello sviluppo e della convivenza sociale.

I governi partecipanti hanno adottato una “Piattaforma di azione”, per diffondere ed affermare in tutto il mondo il principio delle pari opportunità fra i generi e della non discriminazione delle donne nella vita pubblica e privata.

Fu adottato anche un programma con il quale i governi si impegnarono a sostenere nella politica istituzionale e di gestione una strategia di gender mainstreaming (finalizzata ad organizzare, sviluppare e valutare ogni scelta politica, di programmazione e di governo in modo che prima di ogni decisione sia effettuata una analisi degli effetti che si producono su donne e uomini).

In applicazione della suddetta strategia nella procedura di bilancio è stato elaborato il gender budgeting, consistente nell’inserimento della prospettiva di genere a tutti i livelli del processo di costruzione dei bilanci pubblici, ristrutturando entrate e uscite in modo da realizzare le pari opportunità.

 

L’Australia già dal 1984, seguita dal Sudafrica, dal Canada, dalle Filippine e da altri paesi dell’ Asia, Africa e America latina sono stati i primi ad introdurre un bilancio di genere - Gender Budget Auditing- sperimentandolo, a seguito della conferenza di Pechino, in settori specifici e prevedendo quindi una integrazione della dimensione di genere nei documenti di programmazione economica e nei processi di decisione, formazione ed esecuzione di bilancio.

 

Nella comunità europea, la commissione per i diritti della donna e le pari opportunità, in applicazione dei principi di uguaglianza e parità fra uomini e donne contenuti nei trattati fondamentali, il 16 giugno del 2003 ha presentato, una relazione sul gender budgeting che prevedeva la costruzione dei bilanci pubblici secondo una prospettiva di genere e invitava gli stati a predisporre i bilanci pubblici secondo un ottica di genere, successivamente in diversi paesi europei sono sorte numerose iniziative in tal senso, sia a livello nazionale (Irlanda, Inghilterra e Spagna) sia a livello locale, come avviene in Italia.

A tal proposito è da segnalare che in data 11 gennaio 2006 è stato presentato un disegno di legge (al quale è stato attribuito il numero 3728) finalizzato all’istituzione del bilancio di genere nella pubblica amministrazione.

 

Il bilancio non può essere considerato un documento economico di valore neutro, dal punto di vista del genere, diretto solo ad evidenziare i risultati previsti o conseguiti da una gestione economica finanziaria in un determinato periodo di tempo, perché nella realtà alcune politiche, apparentemente neutrali rispetto al genere, raggiungono effetti differenziati sulla condizione economica e sociale della popolazione maschile o femminile.

Ad esempio, se si stabiliscono dei tagli alla spesa sanitaria, bisogna valutare il trasferimento dei costi del personale ospedaliero al lavoro (non pagato) dell’assistenza domiciliare (che quasi sempre è svolta dalle donne).

Altri esempi si possono avere nelle politiche sui trasporti, queste infatti possono avere un impatto differenziato sugli uomini e sulle donne, o ancora, si potrebbe ipotizzare che un ente locale voglia diffondere la pratica sportiva fra i giovani e a tal fine decida di costruire dei campi di calcio ma, notoriamente, la maggior parte delle ragazze amano altri sport pertanto questa scelta risulta non conforme ad una ottica di genere. Oppure, intervenendo economicamente con una politica indirizzata a favorire ed incrementare alcuni settori come l’agricoltura, la pesca, la meccanica, (che costituiscono ambiti economici prevalentemente maschili), non si realizzano effetti sulla occupazione delle donne e diviene quindi necessaria una analisi degli conseguenze derivanti da una diversa allocazione delle risorse.

 

È necessaria dunque una analisi della popolazione in base al genere, con considerazione delle categorie che risultano avvantaggiate da una determinata politica di bilancio e, come già detto, è indispensabile una valutazione del diverso impatto prodotto da una ridistribuzione delle risorse intese sia nel senso economico sia come tempo, servizi… tenendo presente che il bilancio di genere non mira a produrre bilanci separati per le donne, ma si affianca al bilancio finanziario dell’ente e lo integra con ulteriori informazioni di carattere settoriale collegate agli obiettivi individuati dall’amministrazione.

 

 

Come già detto per gli altri bilanci “teleologici”, la valutazione delle conseguenze economiche che la destinazione delle risorse pubbliche determina sul genere, non comporta necessariamente un aumento delle entrate e uscite, ma anzi, a parità di risorse disponibili, un esame attento della destinazione del finanziamento, può determinare maggiore uguaglianza fra i cittadini.

A tal fine dunque occorre innanzitutto responsabilizzare l’operatore politico affinché analizzi l’impatto di ogni sua decisione sulle condizioni di vita dei due generi, e promuova l’uguaglianza nell’accesso alle risorse.

 

Il bilancio di genere è dunque uno strumento diretto a realizzare oltre che l’equità, anche l’efficienza della spesa perché, col bilancio vengono definite le priorità di intervento, vengono effettuate scelte politiche e trascurare la differenza di genere può condurre a risultati non desiderati.

La finalità di questo tipo di rendicontazione è duplice. Consiste da una parte nell’analizzare l’impatto di ogni decisione politica sulla condizione di vita dei due generi e, per far ciò, occorre considerare le spese direttamente destinate alle donne o agli uomini per attività specifiche, per la salute, per la formazione, per il lavoro... Dall’altra consiste nel mettere in evidenza come alcune politiche, apparentemente neutrali rispetto al genere, determinano effetti differenziati sulla condizione economica e sociale della popolazione femminile e maschile.

Per realizzare una politica per le pari opportunità deve essere valutato, inoltre anche il ruolo dell’economia non pagata (ad es. lavoro domestico e di cura) che pesa quasi esclusivamente sulle donne.

 

Per poter comprendere appieno questo bilancio è necessario dunque il superamento del modello di bilancio e di classificazione della spesa basata su contabilità macroeconomiche di tipo keynesiano (imperniato sui concetti di reddito, consumi e investimenti) in modo da evidenziare e valutare la relazione esistente fra l’aspetto economico e quello sociale finalizzandolo allo sviluppo umano e riferendo l’analisi delle spese e delle entrate del bilancio ai diversi effetti che producono su donne e uomini.

Occorre che gli economisti spostino l’esame della loro valutazione dal mezzo (denaro) al fine (il benessere).

L’economia, come già detto, non può comprendere solo l’aspetto finanziario, monetario, ma deve valutare anche quello invisibile, di cura, assistenza, lavoro domestico…ed è proprio la diversa distribuzione del lavoro non pagato fra i due generi, a determinare un diverso effetto delle politiche su uomini e donne.

Il reddito dunque, non deve essere identificato più solo con il reddito monetario, ma deve essere esteso anche alla produzione domestica e, in tal modo, è possibile attribuire valore economico al lavoro non pagato.

Il lavoro non pagato, migliora sensibilmente lo standard di vita all’interno della famiglia e quindi della società (basti pensare a quanti episodi di cronaca sono causati dal disagio giovanile perché, a causa del tempo utilizzato per il lavoro pagato, non si è potuto prestare loro la dovuta attenzione).

L’analisi economica non può essere solo monetaria perchè chi aiuta gli anziani, gli handicappati, i giovani, le fasce deboli, migliora la qualità della vita della società (come il salario).

Nell’economia la massa di lavoro non pagato non può rivestire dunque un ruolo marginale perché si tratta di un aggregato quantitativamente maggiore di quello pagato, e la non considerazione di questo fattore porta ad ignorare una componente fondamentale dell’analisi economica.

L’amministratore perciò deve imparare a spostare la propria attenzione dal valore di mercato del bene al valore della qualità della vita tenendo presente che il lavoro pagato si regge su quello non pagato ed infatti il lavoro pagato non è sostenibile se dietro non ci fosse il lavoro “nascosto” (delle donne).

 

Per la compilazione di questo nuovo tipo di bilancio occorre programmare con chiarezza gli obiettivi da perseguire, da individuare in base ai valori giuridici di riferimento, ed occorre tener presente che tali obiettivi devono essere trasversali, cioè applicati a tutte le politiche.[3]

L’ottica di genere deve essere assunta sia al momento della decisione della allocazione delle risorse, sia in quello della valutazione dell’impatto che le suddette decisioni hanno sulle donne e sugli uomini.

Conseguentemente è necessaria anche una riclassificazione del bilancio in modo che vengano evidenziati sia i progetti che direttamente realizzano le pari opportunità, sia particolari servizi, offerti indirettamente, sensibili al genere.

Gli strumenti utilizzati per svolgere una analisi di genere delle politiche pubbliche sono innanzitutto statistiche ed indicatori disaggregati in base al genere.

 A tal fine un valido aiuto può essere fornito dalle statistiche di genere che, secondo un disegno di legge[4] presentato ad ottobre 2004 dal CNEL, sulla base degli impegni presi dal nostro governo alla conferenza di Pechino nel 1995, devono diventare obbligatorie per tutti i soggetti che partecipano all’informazione statistica ufficiale e, in tal modo i dati devono essere forniti disaggregati per sesso. La finalità è quella di soddisfare l’esigenza di effettuare una corretta valutazione dello impatto delle normative previste sulle politiche di pari opportunità in base alla considerazione del genere come variabile essenziale per la comprensione dei fenomeni sociali.

È interessante evidenziare come in precedenza gli studi statistici erano caratterizzati da una visione economicocentrica e, dopo la riforma dell’ISTAT avvenuta nel 1989, al centro della riflessione statistica è stato posto l’individuo e non solo i dati. Successivamente sono apparse le prime statistiche di genere e la raccolta dei dati disaggregati relativi alla partecipazione delle donne nelle varie attività.

 

Tutto ciò presuppone anche uno studio per la individuazione, valutazione della utilizzazione dei servizi e delle strutture nonchè delle richieste degli utenti, come ad esempio nel caso delle politiche ambientali, per la mobilità, di quelle assistenziali sia per gli anziani che per l’infanzia…

 

CONCLUSIONI

Il bilancio di genere rappresenta uno strumento di riavvicinamento fra società civile ed istituzioni perché attraverso questo strumento si rinsaldano i legami di fiducia e confronto fra amministratori ed amministrati ed inoltre se non vengono analizzate le problematiche relative all’uguaglianza di genere, non si può raggiungere la piena occupazione, coesione sociale e crescita economica di lungo periodo.

Il limite di questo nuovo tipo di bilancio è che possa essere redatto in modo da evidenziare solo l’aspetto filantropico, con una vuota enunciazione di valori e principi già previsti dalle leggi e, in tal caso, oltre ad avere una funzione puramente demagogica e di facciata, non emergerebbe alcuna forma di responsabilità gestionale.

Se invece vengono evidenziati gli obiettivi sociali di carattere pratico che una amministrazione si impegna a raggiungere, ferma restando la responsabilità politica nei confronti degli elettori, scaturisce una nuova forma di responsabilità da parte delle autorità pubbliche, consistente nella determinazione e nel rispetto degli obiettivi programmati.

Da ciò può derivare una responsabilità gestionale se non sono stati rispettati i canoni di efficacia, efficienza e ragionevolezza della spesa pubblica in relazione al principio di pari opportunità nella ridistribuzione delle risorse e dei servizi.



[1] Mauro Bellesia “Bilancio sociale, bilancio ambientale e bilancio di mandato” in Guida normativa, vol.I, diretta da Fiorenzo Narducci ed. Cel.

[2]Angelo Danese, Rendere conto ai cittadini:il bilancio sociale nelle amministrazioni pubbliche.

[3] Un attento studio in materia è stato presentato dalla prof.ssa Tindara Addabbo dell’Università di Modena e Reggio Emilia, dipartimento di Economia pubblica su www.cantieripa.it/allegati/gender auditing

[4] atto camera N 1573 e n 5376.