E no caro Mastella, no, così non va!

 

Lei non è un qualsiasi Senatore della Repubblica. È il Ministro della giustizia in carica, è un autorevole esponente di un partito che in qualche modo si rifà all’esperienza ed al bagaglio culturale e di valori della Democrazia Cristiana. No, con il ruolo istituzionale e politico che ricopre, Lei non può banalizzare sul Corriere della Sera del 3 gennaio 2007, a pagina 13, la vicenda dell’emendamento del senatore Fuda ed altri (n. 1346), che proponeva di modificare la normativa sulla decorrenza della prescrizione dell’azione di responsabilità amministrativa in caso di danno all’Erario, cioè al patrimonio di tutti, facendola retroagire ad un momento nel quale ancora nessun pregiudizio si è verificato a danno della finanza pubblica.

Non può banalizzare, ma ha anche il dovere di essere preciso, di dire cose esatte sul piano giuridico.

Primo. Lei ricorda che la prescrizione è quinquennale dal 1990 (art. 58 della legge n. 142, sugli enti locali). E va benissimo. Con gli strumenti istruttori di cui oggi dispongono i Pubblici Ministeri della Corte dei conti, cinque anni bastano.

Il problema è la decorrenza del termine. L’emendamento Fuda ed altri prevedeva che il termine decorresse da quando “è stata realizzata la condotta produttiva di danno”, anziché, com’è oggi, da quando “si è verificato il fatto dannoso” (art. 1, comma 2, della legge 14 gennaio 1994, n. 20).

La differenza non è di poco conto. Un semplice esempio rende comprensibile a tutti ciò di cui si parla: un incidente stradale, con danni a persone e cose. Avviene un determinato giorno. Quello della “condotta produttiva di danno”, ma non c’è ancora danno in termini economici. Non è stato riparato il mezzo, non sono state indennizzate le persone per i danni fisici subiti.

Anzi, può passare del tempo prima che lo stesso danneggiato sia consapevole dell’entità effettiva dei danni subiti. Deve munirsi di una perizia che quantifichi i danni, sia materiali che fisici.

Solo in questo momento potrà chiedere al responsabile dell’evento di essere risarcito. Per cui correttamente, secondo l’art. 2935 del codice civile, “la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”.

Nel caso dell’Amministrazione pubblica quel giorno coincide con l’emissione del titolo di pagamento a carico del bilancio. Lo stesso vale per una minore entrata (da quando si poteva riscuotere e non si è riscosso, ad esempio perché è scaduto il termine per procedere all’accertamento del tributo o si è prescritto il diritto erariale alla riscossione di un’entrata patrimoniale). Ovvero, da quando il patrimonio ha perduto dei beni o il loro valore è diminuito per il comportamento illecito di un amministratore o dipendente.

Prima di quella conseguenza finanziaria o patrimoniale nessun Pubblico Ministero potrebbe agire, come non potrebbe agire nessun cittadino per un danno che non fosse ancora attuale. Nessun giudice potrebbe dar ragione all’attore Mastella che richiedesse in sede civile il risarcimento di un danno generico non determinato nel suo ammontare.

Facciamo ancora un esempio, tratto dall’esperienza. Un militare spara per gioco ad un commilitone, ferendolo. Il giudice civile, al quale si rivolge il ferito, chiamando in giudizio l’Amministrazione, accerta l’entità del danno fisico da questi subito, ne valuta i profili biologici e professionali (es., la perdita di chances), ecc., tutti fatti che esigono un riscontro peritale in contraddittorio. A questo punto lo Stato, che ai sensi dell’art. 28 della Costituzione è responsabile dei danni provocati dai propri “funzionari e dipendenti”, paga la somma dovuta al danneggiato.

Da quando lo Stato ha subito il danno? Da quando il militare ha sparato o da quando l’Amministrazione della difesa ha corrisposto alla vittima la somma dovuta (magari accertata con sentenza)? Cosa avrebbe richiesto il PM a titolo di risarcimento al responsabile prima della definizione del danno subito dal ferito?

Lo stesso vale per un provvedimento che dispone una spesa illegittima o inutile. Quando il danno è effettivo? Al momento in cui “è stata realizzata la condotta produttiva di danno”, cioè deliberata la spesa, o quando viene disposto il pagamento. Questo secondo è “il fatto dannoso”. In questo momento lo Stato s’impoverisce della somma corrispondente.

Con l’emendamento Fuda ed altri, in nessuno degli esempi che abbiamo fatto l’Erario sarebbe risarcito, in quanto il più delle volte la “condotta” precede l’esborso di più di cinque anni. Ed, inoltre, della condotta illegittima o illecita non saprebbe nulla il Pubblico Ministero, a meno di istituire un controllo sui singoli atti che nessuno auspica perché irrealizzabile, soprattutto a livello di enti locali.

Ecco l’effetto dell’emendamento! La prescrizione pressoché di tutti i comportamenti produttivi di danno. È difficile ritenere che sia stato un errore! È impossibile difendere l’emendamento!

Mastella parlando del Senatore calabrese dice: “Poveretto. È venuto da me sconvolto e sconfortato”.

Incredibile mancanza di rispetto per il denaro del cittadino, quello che paga le indennità di Mastella e di Fuda!

A Roma l’Aerarium Populi Romani era considerato sacro.

Anche dai politici!

Ne è passato di tempo!

Non posso chiudere senza mettere in luce una perla che si coglie nelle dichiarazioni del Ministro: “si tratta di una prescrizione… che anziché durare vent’anni, come capita oggi per tanti amministratori, stabiliva un periodo contingentato nel tempo e quindi che il pagamento alla Corte dei conti…”.

Ma dove ha preso il Ministro della giustizia questi dati (i vent’anni) e dove ha letto che si paga “alla Corte dei conti”?

Ogni annotazione in proposito sarebbe superflua.

Nonostante tutto il Senatore Mastella continua ad essere uno dei personaggi della politica italiana che destano in me umana simpatia.

Ma questa è un’altra cosa!

 

                                                                                            Salvatore Sfrecola